Tutti coloro che vogliono contribuire al nostro progetto possono versare anche solo 1 euro cliccando sul bottone DONAZIONE.

Top Panel
Giovedì, 18 Aprile 2024
A+ R A-
  • Visite: 11664

L’ORTU d’i ÇITRUI - L’agrumeto 1988 Dalla metà del secolo XVIII, i facoltosi viaggiatori, che intraprendevano il faticoso “Grand Tour”, provenendo da tutta Europa, osannavano il territorio dell’estremo Ponente ligure quale paradiso ineguagliabile, anche per il clima, in simbiosi con la contigua Costa Azzurra. A riprova della loro preferenza, indicavano la maturazione, pressoché invernale, dei diffusissimi agrumeti; particolare che finì per caratterizzare il paesaggio costiero, da Grasse a San Remo.I viaggiatori che percorrevano il tratto da Monaco a Porto Maurizio, sulle imbarcazioni della navigazione costiera, raccontavano di essere stati avvolti da una notevole fragranza d’agrume, portata dalla brezza di tramontana, non appena il barcu era giunto in vista di Mentone; mentre ne sarebbero stati lasciati non appena doppiato Capo Verde. Furono certamente gli antichi Romani ad importare dall’Oriente i primi limoni, ma si deve tuttavia agli Arabi e in qualche caso ai Crociati la loro diffusione sui litorali del Mediterraneo, come testimonia il nome che deriva dall’arabo “limùn”.Sulle nostre terre, all’interno di terreni cinti da alte mura, conosciuti come i limunéi, si producevano: i limùi, i çitrùi, cioè le arance amare, i purtegàli, ovvero le arance, ma anche i cédri e qualche amandurìn.La coltura dell’agrumeto, principalmente come òrtu d’i çitrui, venne messa a dimora a partire dal Cinquecento, come serbatoio di “vitamina C” per i naviganti, infatti, i nostri avi si resero conto che gli agrumi erano l’unico antidoto allo scorbuto, malanno insito con le grandi navigazioni.Proprio i limoni prodotti a Ventimiglia, della qualità Bignata, assai succosi, avevano il vantaggio di una buccia particolarmente elastica e cerosa, che li rendeva adatti ad essere stivati, alla rinfusa, a bordo delle navi transatlantiche.Ancora nel 1862, nel corso della Guerra Civile nordamericana, siccome la produzione di agrumi era privilegio rimasto ai sudisti Confederati, gli stati Unionisti del Nord importavano limoni ventimigliesi, in gran quantità, per opera della notissima famiglia Biancheri.Una lunga teoria di barche, chiamate e caravàna, percorreva la costa da Bordighera a Mentone, raccogliendo gli agrumi che gli agenti compratori facevano trovare presso appositi imbarcaderi.La raccolta iniziava in primavera, col marséncu o de prima sciura, privo di semi; poi u verdàme, non propriamente maturo, che raccolto senza u pecùlu, diventava â tedesca, perché richiesto su quel mercato.Poi, era la volta della Bignata, considerata limùn da càscia, perché adatto al trasporto. Un’altra raccolta per esportazione si effettuava sulle piante di cedro, a ridosso della festività ebraica dedicata a questo frutto.I frutti di scarto si distinguevano per le caratteristiche negative: u muràssu aveva la buccia troppo spessa, u zeràu aveva sofferto il gelo, l’utùnu si presentava troppo maturo e vecchio, a cierchéla era troppo tondo e imbastardito, u diétu conteneva protuberanze anomale, ed i limunéti erano troppo piccoli per l’esportazione.Tutti questi scarti, aggiunti ad altri frutti butezài o arigai, oltre a quelli colpiti, non troppo vistosamente dal pidocchio, dalla mosca o dalla morfea, fornivano il materiale per spremere l’àgru, il succo ricavato con organizzazione quasi industriale; mentre, con la fioritura delle piante d’arance amare, si raccoglieva la materia prima per distillare “l’aiga de sciùra de çitrùn”: un liquido che tanta parte conserva nelle dolci ricette locali, lo stesso distillato che più anticamente si chiamava: àiga nàfra.Le eccezionali gelate degli anni tra il 1754 ed il 1793, non alterarono il traffico in generale, che provvide a sostenersi provvisoriamente col mercato nero, per poi rigenerarsi, con la sostituzione delle piante colpite.Sopravvennero però le gelate del 1808 e del 1810, allorché gli agrumeti trovarono terreni più propizi e coltivatori meno esigenti nelle regioni meridionali, quindi quel mercato fiorì altrove, lasciando i nostri terreni in eredità alla prorompente floricoltura.Il timido ricordo di quel paradiso agrodolce viene rievocato annualmente nella limitrofa Mentone, attraverso l’invernale “Carneval du Çitron”.

I nostri sponsor