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Venerdì, 29 Marzo 2024
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PESCÀ inta SCCIÜMÀIRA - La pesca nel fiume 1994 Prima di esser definito “pesca sportiva” il passatempo de u pescà inta scciümàira è stato un sussidio di sopravvivenza per interi secoli, fin dall’antichità.La bravura nel prelevare gli scaltriti pesci di fiume, per il pescatore d’acque dolci, è sempre stata il tramite per ottenere l’amicizia del potente, e la concessione di buona parte del pescato, col beneplacito dell’autorità competente.Fosse stato il notabile del “municipia”, come il nobile conte o il console comunale, oppure l’invadente capitaneo, tutti hanno sempre ammesso un equilibrato prelievo ittico fluviale, da parte del villico attrezzato e capace; in acque che, tradizionalmente, erano patrimonio della nobiltà dominante.Da parte sua, il villano autorizzato portava al mercato o barattava il pescato con alimenti più poveri, o con attrezzi e merci più necessari alla sua esistenza.Poteva trattarsi d’anguille, prese con u massàme quando i torrenti portavano a valle u sterburìn, durante una piena, ma avrebbero potuto essere altri tipi di pesce. Nei piccoli corsi d’acqua montani, affluenti dei tre torrenti maggiori: la Roia, la Nervia e la Bevera; si pescavano anche i gamberi di fiume, oggi quasi scomparsi e protetti.Qualche temolo dal dorso bruno: u tìmařu, i müsari o cefali, nelle acque meno rapide; i luvàssi o spigole, presso la foce; un tempo i vairùn o cavédani e qualche barbo.Si è sempre trattato della trota fario (salmo trutta fario), la trota dai puntini rossi e neri, la classica trota di torrente il cui colore varia a seconda dell’ambiente in cui vive. Appartiene alla famiglia dei salmonidi ed è sicuramente la trota più diffusa nelle acque italiane.Attualmente, la sua presenza è dovuta, kamagra jelly in particolar modo, ai ripopolamenti che vengono effettuati, tenendo conto del tipo di acqua e delle scelte gestionali, con scatole di uova già fecondate, con avannotti, trotelle e pesci adulti. È sempre stata considerata la più naturale di tutte le trote, non lo è affatto, rivelandosi anche sterile quando proviene da ceppi non selezionati. Nel Roia si è sempre trovata bene e ancor oggi ne è la regina. Si riproduce da gennaio a marzo, sul fondo ghiaioso con acque chiare, fresche e con rapida corrente.Del resto, in pieno XVII secolo, l’agostiniano Angelico Aprosio, celebre letterato e bibliofilo, vantava le gustose trote del Roia come: pressoché unica attrattiva locale, assieme ad un prelibato vino Moscatello, in una Ventimiglia malsana e poco vivibile.Con la modernizzazione delle attrezzature di pesca, anche tra i nostri pescatori si sono evolute forme artigianali di supporto alla pesca fluviale; tra loro: i costruttori di mosche finte, molto apprezzate, e gli assemblatori di canne sempre più sofisticate.La nascita di un’associazione tra i pescatori, si è evoluta nell’affermazione della Riserva di Pesca della Val Roia, uno strumento per mantenere integro il patrimonio ittico locale, altrimenti a rischio.La figura del paziente pescatore in riva al fiume, balza però evidente, quando vediamo l’anguillatore con il suo ombrello di rete rivoltato, che attende la preda, senza vederla, nel limo provocato da un’onda di piena nel corso d’una giornata uggiosa.Collaterale alla pesca nel fiume, nel primo Novecento aveva preso piede l’attività dell’allevamento ittico, con la presenza di alcuni capaci vivai. Anche questo tipo d’impresa non ha resistito sul nostro territorio. Eppure !!!

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