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Venerdì, 29 Marzo 2024
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I CARRETÉI - I carrettieri 2000 Mestiere difficile e faticoso, quello del carrettiere poneva gli addetti ai limiti della società civile, stimandoli non adeguati a quella che si riteneva la classe sociale patinata.Se comportarsi da carrettiere era la similitudine più usata per biasimare la mancanza di galateo, la volgarità, non dimentichiamo che la vita di questi lavoratori portava forzatamente ad usare maniere forti e spicce.L’eredità dei nostri è stata raccolta, per sommi capi, dai camionisti, i quali però hanno avuto il vantaggio di non dover più trattare con cavalli e muli, bestie che sovente portavano la pazienza fuori dai limiti.Nel suo lavoro, il barrocciaio disponeva d’una serie di carriaggi, ognuno adatto ad un tipo di trasporto: u carru, u carretu e u birociu. Il calesse, la carrozza ed il carro a banchi. provvedevano al trasporto di persone, assieme alla diligenza ed all’omnibus, per i trasporti pubblici. A due ruote, per usi agricoli, u biròciu era il più diffuso, sia condotto dal carrettiere, sia dal particulà cioè dallo stesso proprietario.Con due ruote, con sponde alte e ribaltabili, per trasporto di misti inerti, c’era u tumbarélu. Se ne vedevano lunghe carovane fare la spola sui greti del Roia e del Nervia, a sostegno dei cavatori di sabbia e ghiaia.Il calesse, veloce e ad uso personale, era chiamato a dòma, mentre il veicolo scoperto per il trasporto di persone era conosciuto come u ciarrabàn, termine che, a fine secolo, indicava anche un qualsiasi mezzo di trasporto in condizioni cadenti.Fino ai primi decenni del Novecento, la diligenza: l’ònibu collegava la nostra città con Mentone, Tenda, Pigna e San Remo, quale mezzo pubblico, e supportava anche il servizio postale.Proprio “postale” deriva da “posta”, il luogo della tappa, dove la diligenza e le corriere si fermavano per cambiare i cavalli, ricevere i viaggiatori e rilevare lettere e pacchi da portare a destinazione. Di solito, questi locali erano il luogo di ritrovo dei carrettieri, ospiti dei loro colleghi più raffinati: i vetturini.Condurre un carro sulle strade dissestate del primo Novecento non era cosa da poco. Si doveva valutare, a occhio, le difficoltà di una salita, come quelle ancora più insidiose d’una discesa. Continuamente impegnato a spostare il carico sul pianale del carro: tirà u pesu davanti, per affrontare la salita; tirařu inderré, nelle discese.Aggiungere un mulo davanti nelle salite più impegnative, attaccarne uno, o più d’uno, dietro; quando la discesa era eccessivamente ripida.Il carrettiere partiva di notte, con ogni sorta di tempo, al caldo o al gelo. Segnalava la presenza del carro, appendendovi una lanterna, dondolante. Molta della strada si faceva a piedi, montando a cassetta soltanto per i tratti totalmente sicuri.Nel caso di strade troppo fangose o ghiacciate, per affrontare le discese, senza pericolo di pericolosi sbandamenti: si adattava la sponda del fondo come fosse una slitta, attaccandola con le catene dietro al carro, caricata d’una pesante quantità del materiale trasportato. Questa diventava il freno, perché se si fosse adoperato il freno sulle ruote il carro avrebbe potuto andar fuori strada.Bisognava anche saper trattare coi muli; conoscerne le potenzialità; c’erano muli pàixi e quelli bastardi che s’impuntavano. Quello attaccato al carro era il più forte, potente e sicuro; era lui che faceva la manovra, gli altri erano di aiuto.Il traino dei tronchi era l’attività più pesante e pericolosa. Per eseguirlo nel bosco; si piantavano dei chiodi con anello: cainéli, sulla parte anteriore dei tronchi e si trascinavano, in coppia, fino alla strada. Qui, si univano i tronchi con delle grosse gràfe, per poi caricarli, bilanciandoli, su pianali forniti di ruote: i carrìn. ... Poi venne il trattore.È interessante rilevare come: il conducente del carro derivi il nome dal provenzale “carratier”. ossia il nostro carreté; questo può significare che l’inserimento del carro da trasporto a quattro ruote nell’Europa medievale, dalle origini galliche, ha trovato la mediazione nel mondo latino attraverso la Provenza e le nostre terre. Il guidatore di carrozze amava definirsi carrusé, ma era vetturino. Pochissime erano le donne che praticavano questo mestiere ed erano dette: carretéire.

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