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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A PAPÉIRA - la cartiera

 Nel giugno dell’anno 1887, veniva inaugurata a Roverino “a papéira”, una cartiera alimentata da una turbina da settanta cavalli-vapore, che darà lavoro a dieci operai.La cartiera di Roverino era una succursale della “papéira” di Isolabona; in particolare funzionava da “mulino della carta”, dove le cinque grosse mole di granito riducevano in pasta gli steli di canapa, precedentemente ammorbiditi da un bagno chimico.La canapa era assai presente nelle coltivazioni sulle sponde dei nostri corsi d’acqua, sia per uso tessile che come fornitrice di pasta cellulosa. Molti siti agricoli, lambiti della corrente, hanno conservato il toponimo di “a canavàira”, specialmente lungo il Nervia.Altro materiale macerato e poi franto a Roverino proveniva dai boschi di Briga, di Tenda e di Sospello; che veniva portato a valle dalla corrente del Roia e del Bevera; durante le piene che quei corsi d’acqua sostenevano a causa delle abbondanti precipitazioni stagionali nell’alto bacino.Il “porto” d’arrivo dei “bilui”, ossia dei tronchi di larice ripuliti dai rami, era formato da un apposito lago, realizzato proprio nell’ampio letto fluviale antistante Roverino, a partire dall’attuale ponte autostradale.Quel lago, ha funzionato lungo tutto il periodo medievale, incanalando le acque correnti sul lato di Levante del greto, per favorire la stabilità del sottostante “Lago” che funzionava da Porto Canale, sulla riva destra, sotto “u Scögliu”.Il braccio che incanalava la corrente verso “i Paschei”, per sboccare dov’è ora il “Miramare”, fin dal medioevo, forniva energia alle numerose segherie, situate a Sud delle Gianchette, in luogo oggi occupato dalla sede ferroviaria e i condomini sull’ex Conceria Lorenzi.Le segherie ricavavano ottime tavole dai lunghi tronchi, mentre gli abbondanti cascami venivano proprio ridotti in pasta a Roverino.Nel suo ultimo periodo d’attività, la cartiera di Isolabona trattava anche cellulosa e pasta di legno proveniente dall’estero, prima portata dai barchi, poi scaricata dai treni.L’antichità della “papeira” di Isolabona è datata al XV secolo, fondata dai Marchesi Doria, per produrre carta di tipo genovese.*Nell’Ottocento, è stata rilevata dalla Società “S.Coma & C.”, che nel 1888 aveva elevato l’energia per la produzione a cento cavalli-vapore, fornita da due caldaie e da una turbina da ottanta cavalli, alimentata dall’acqua proveniente dallo sbarramento artificiale sul Nervia.Proprio verso la fine dell’Ottocento, mentre le altre cartiere liguri erano in decadenza, a causa della concorrenza straniera, la cartiera di Isolabona era l’unica attiva e fiorente. Nel 1890, l’occupazione era di quasi cento operai.La produzione della “Ditta Coma” era principalmente di carta da stampa, come pure di carta da lettere e carta colorata, che garantiva la fornitura a tutte le tipografie locali.La riduzione sul prezzo della carta, fornita dalla meccanizzazione degli impianti, avvenuta all’estero, ha portato alla chiusura “a papeira” di Isolabona e di Roverino, lasciando il ricordo di quella attività ed un toponimo, corredato da un corposo rudere, nella Media Val Nervia, prima di incontrare Isolabona.  *) Ricorda Charles Moïse Briquet nel "Dictionnaire des filigranes" come la carta di Isolabona usasse lo stesso marchio di quella prodotta a Genova: un guanto sormontato da una stella.Le notizie sulla “Papeira di Isolabona” sono di Aberto Cane.

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