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Venerdì, 29 Marzo 2024
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ANDÀ pe’ MA’ - Piccolo cabotaggio 1997 L’attività marinaresca ventimigliese è stata grande per tutta l’antichità, fino al basso medioevo, servendosi prima del porto- canale sul Nervia, eppoi dell’attivo bacino nel Roia, sistemato alle falde dello Scoglio, nel sintomatico quartiere Lago.Traffici d’ogni genere avrebbero caratterizzato l’attività di cabotaggio, primo fra tutti il trasporto di legname, il quale scendeva dalle foreste di Tenda, seguendo la corrente del Roia.Anche navi da guerra e grandi galee trovavano ricetto ed arsenale nel nostro porto, tanto che il 10 maggo del 1219, quando i genovesi catturarono una nave, carica di frumento, diretta in città, i ventimigliesi armarono una cetéa, nave dai cento remi, la quale, eludendo l’assedio, riusciva a catturare due galee genovesi, nel mare di Trapani.Poi la nostra grande marineria tramontava, proprio nel XIII secolo, per mano degli stessi genovesi che interrarono il Lago, deviando irreparabilmente il corso del fiume, lontano dalle mura.Ma il piccolo cabotaggio ha continuato a servirsi dei bassi fondali rimasti attivi nel Lago, almeno fino al XVII secolo, come risulta dalla bella incisione dell’Hardy, datata 1832, ma anche da notizie d’archivio, per i secoli dal XVI al XVIII. Raffigura una decina di bastimenti a vela, detti e scùne, alcuni tratti a secco tra i gozzi, mentre altri in rada, trasbordavano le merci su piccole chiatte.Molti ventimigliesi hanno lavorato in marineria, concludendo sovente la carriera come “padroni marittimi” in proprio. In precedenza erano stati “nocchiero”, il marittimo che aveva il compito di controllare le attrezzature e le manovre a prua, di scandagliare il fondo, di tenere sempre sotto osservazione il mare per prevenire gli ostacoli galleggianti, gli scogli, le secche e ogni altro pericolo, osservando la superficie del mare, il suo colore, le increspature e il modo in cui le onde si frangono, ascoltandone il rumore; scrutava l'orizzonte per studiare il tempo e prevederne gli eventuali cambiamenti, per riconoscere i punti cospicui lungo la costa.Durante gli ormeggi in porto o gli ancoraggi in rada seguiva tutte le manovre a prua, in stretta collaborazione con il pilota e il timoniere che le dirigevano da poppa.In quel periodo, le rotte commerciali più battute, giungevano in Sicilia ed in Spagna, da dove traevano frumento e vini pregiati.Si svolgevano normalmente con imbarcazioni piccole o medie che, si spostavano da porto a porto sulla stessa costa. Il loro grandissimo sviluppo era determinato dalla concentrazione di molte attività economiche presso il litorale, che consentivano di svolgere un commercio di ridistribuzione locale e dai vantaggi che il trasporto su acqua offriva rispetto a quello terrestre, meno sicuro e più costoso.E’ Girolamo Rossi a fornirci notizie sull’attività dell’ultimo imprenditore marittimo locale, nella sua “Cronaca” d’allora.Nel gennaio del 1885, il capitano Paolo Viale acquistava il vapore “Balaclava”, che il 10 maggio veniva condotto in rada dal comandante Federico Aprosio, al fine d’intraprendere una serrata importazione di vino dalla Sicilia.Nel giugno del 1886, un secondo vapore andava ad aggiungersi alla piccola flotta del Viale, questo si chiamava “Chambeze”. Le altre navi, che erano a vela, si chiamavano: “Silvia”, “Olga” e “Giuseppe”.Un terzo vapore, denominato “Vilna”, si aggregava agli altri nel 1892. Infatti, il 31 luglio di quell’anno, sbarcava dalla nostra rada ben millesette genovesi, venuti per una gita di piacere. Lunedì 4 agosto, un migliaio di ventimigliesi salparono per Genova, dove andavano a visitare l’Esposizione Colombiana.Come risulta da un’incisione di Ferdinando Perrot, datata 1845, che ritrae la spiaggia della Marina, con lo Scoglio Alto e la Margunaira, l’attività trovò scalo in rada.

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